1 maggio: Bauen, diritti del lavoro e aziende recuperate

Locandina del film 'Corazon de Fabrica' al Bauen.

Buenos Aires Una Empresa Nacional ovvero Bauen. Si chiama così adesso uno degli hotel storici della città porteña che ha resistito alla famigerata crisi che il paese ha dovuto attraversare nel 2001. Una resistenza fatta di lotte e richiesta di giustizia sociale portate avanti dai suoi dipendenti. Grazie alla loro tenacia adesso il Bauen infatti è una delle circa 200 imprese recuperate del paese latinoamericano, i suoi lavoratori ora sono a pieno titolo soci della cooperativa che lo gestisce. Ma la lotta non è ancora finita, ora chiedono al governo l’espropriazione definitiva.

La storia del Bauen inizia nel 1978, in piena dittatura militare, quella che conta 30 mila desaparecidos e per cui ancora si chiede verità e giustizia. Il ’78 fu un anno molto importante per l’Argentina. Era l’anno dei mondiali di calcio, un evento che avrebbe dovuto ripristinare una credibilità internazionale che l’Argentina iniziava a perdere, ma che in realtà – per fortuna – fu determinante perché il mondo venisse a sapere cosa in realtà stesse accadendo nel paese. Le urla dei tifosi non bastarono infatti a coprire quelle delle persone torturate negli oltre 500 Centri di Detenzione Sterminio e Tortura sparsi nel paese.

Quell’anno – e proprio per ospitare i tifosi da tutto il mondo – il Bauen apre le sue lussuose camere nella Avenida Callao, pieno centro della città. Il presidente della Bauen S.A. – Marcelo Iurcovich – aveva delle buone conoscenze tra i militari al potere, l’hotel fu infatti costruito grazie ai finanziamenti concessi dal Banade (Banco Nacional del Desarollo) e mai restituiti. L’hotel iniziò anche ad accumulare debiti con lo stato argentino per le tasse che non vennero mai pagate.

Questo enorme “secondo credito” che i proprietari del Bauen si concedettero permise una gestione senza apparenti problemi fino al 1997, quando l’hotel venne venduto al gruppo cileno Solari S.A che pagò solo una quota di quella stabilita. Questo gruppo diresse l’hotel fino al fallimento definitivo, dichiarato per le pressioni dei creditori nel dicembre del 2001. Pochi giorni dopo il Natale del 2001, il Bauen chiude e manda a casa più di 100 lavoratori (quelli rimasti dopo precedenti licenziamenti, negli anni di gloria l’hotel è arrivato ad avere fino a 200 dipendenti) senza dare nessuna spiegazione.

Negli stessi giorni l’intera Argentina si svegliava con le banche chiuse e l’inizio della crisi economica più disastrosa del paese. Ma il popolo non rimase a guardare, e oltre a scendere in piazza con le famose casseruole, cercò di trovare soluzioni ai problemi. Inizia così l’avventura del Movimento Nacional de Empresa Recuperada (MNER), il movimento che riunisce tutti i lavoratori che si sono battuti per poter continuare a lavorare nelle proprie aziende senza padrone, a dimostrazione del fatto che i fallimenti erano frutto di imponenti speculazioni finanziarie nel paese e da gestioni scellerate delle imprese non dalla reale inefficienza delle imprese.

Il Bauen non è l’unico caso, a partire dal dicembre 2001, furono moltissimi i lavoratori che iniziarono ad associarsi e a lavorare per recuperare le imprese nelle quali lavoravano e che da un giorno all’altro chiusero mandando tutti a casa. Al Bauen erano circa una ventina i dipendenti che non si arresero e decisero di mettersi in contatto con le altre organizzazioni di lavoratori intenti a recuperare le imprese per le quali avevano lavorato per anni.

Nel 2003 anche Jorge Suarez comincia a lavorare nell’ufficio stampa del Bauen e ricorda così quei giorni: “il nostro ufficio stampa in realtà è anche un ufficio politico, io prima lavoravo per un collegio privato ma sono sempre stato impegnato nel sociale, nelle villas miserias con gli ultimi, questo lavoro è stato un modo per continuare a lavorare contro le ingiustizie della nostra società”. Dopo anni di riunioni, contatti, reti messe in piedi tra lavoratori di tutta l’argentina, ma anche di fatiche per rimettere a posto la struttura, finalmente nel 2004 la cooperativa diventa realtà e le porte dell’hotel riaprono.

Il Bauen è gestito dalla cooperativa di lavoratori “perchè la cooperativa ci è sembrata la forma più democratica possibile, le decisioni importanti vengono prese solo dall’assemblea” – continua Jorge Suarez. Ma non è più solo un hotel: da ora in poi, oltre ad avere un target più ampio, fatto per lo più di persone sensibili alle tematiche sociali ma anche di vecchi clienti affezionati, ora le sue sale sono anche uno spazio culturale aperto per la comunità. Il Bauen è visitato da persone da tutto il mondo, curiose di vedere questo strano esperimento argentino.

Un esperimento che inizia a funzionare, a darne prova la ricomparsa della famiglia Iurcovich che ne reclama la proprietà e fa una vendita dell’impresa Bauen alla nuova Mercoteles, della quale direttore è il cognato di Iurcovich. L’idea era quella di riavere un’ azienda messa in piedi con soldi pubblici mai restituiti, liberata dai debiti contratti dalla Solari, e rimessa in funzione dagli ex dipendenti. Mercoteles si rivolge al tribunale commerciale per avere il Bauen, ma i lavoratori chiedono allo stato di prendere in mano la situazione e di dare ai lavoratori le stesse possibilità anche a loro di acquistare l’hotel che hanno rimesso in funzione, a un prezzo ragionevole, perché ora loro non hanno nessuna intenzione di rimettersi a lavorare per un “padrone”.

Lo stato invece non ha mai dato la possibilità ai lavoratori di riscattare l’hotel e il 20 luglio 2007 il tribunale decreta lo sgombero dell’hotel entro 30 giorni, affinché l’immobile passi nelle mani della Mercoteles. Decisione presa sottovalutando tutte le terribili conseguenze, non solo per i soci della cooperativa che ormai conta 150 lavoratori e che con tanti sacrifici sono riusciti a fare dell’hotel fallito un azienda funzionante, ma anche con tutte le aziende che hanno dei contratti con la cooperativa, molte delle quali sono le stesse dei tempi precedenti alla chiusura, che hanno voluto dimostrare fiducia ai lavoratori.

Contro questa decisione cominciano una serie di manifestazioni alle quali partecipano tutti quelli che ruotano attorno al Bauen per dire no allo sgombero, accompagnati da circa cinque mila persone solidali alla loro causa. Persone comuni ma anche persone note per i loro impegni sociali, come Hebe de Bonafini, presidente da Las Madres di Plaza de Mayo, il premio Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel, il regista ex desaparecido Fernando Pino Solanas. Il giorno dopo il giudice accetta l’appello contro lo sgombero presentato dai soci della cooperativa Bauen Ma una soluzione chiara alla situazione ancora non c’è.

I soci hanno lavorato insieme alla deputata nazionale Victoria Donda, sensibile al tema della giustizia sociale forse anche per la sua storia personale (nata da madre desaparecida e adottata appena nata dagli stessi militari aguzzini dei genitori) per una legge di esproprio. Solo così i soci potranno stare tranquilli e continuare il loro lavoro, recuperare definitivamente la loro impresa, la loro identità e la loro dignità. “I governanti devono rendersi conto che l’Argentina è in mano ai suoi lavoratori, e deve cominciare a negoziare con loro, rendendoli partecipi di tutte le decisioni che li riguardano” conclude Suarez.

SULLE IMPRESE RECUPERATE

Le imprese recuperate sono le imprese che affrontarono in maniera alternativa la crisi economica del 2001 in Argentina. Sicuramente una delle più difficili che il paese dovette affrontare, frutto di una svolta estremamente liberista e capitalista iniziata già all’epoca della dittatura ’76-’83 e accentuata durante la presidenza di Carlos Saùl Menem tra la fine degli anni ’80 e tutto il decennio ’90. Uno dei risultati più drammatici fu la chiusura o la svendita di numerose imprese che non riuscivano a reggere la concorrenza internazionale. In risposta alla crisi furono moltissimi i casi di autogestione organizzata dagli stessi lavoratori, si contano oltre 200 casi di imprese che, ad oggi sono riuscite a superare la crisi e a mantenere le imprese concorrenziali sul mercato (su questo argomento si può vedere il documentario di Naomi Klain “The Take“).

Questo risultato si deve anche all’enorme rete che questi lavoratori hanno creato, esperienze condivise che hanno potuto aiutare altri lavoratori che si trovavano a vivere le stesse situazioni, ma anche grazie alla grande solidarietà dimostrata da molti fronti della società civile che ne hanno appoggiato le lotte. Nei primi tempi il fenomeno ha destato molta curiosità anche a livello internazionale, oggi per lo più sopita forse per paura che l’autogestione venga presa come esempio anche da altri paesi con il grande rischio di mettere in discussione tutto il “sistema” che oggi più che mai mostra la sua debolezza e fragilità. (E.C.)

Pubblicato su Unimondo e sul blog di Elvira Corona il 1° maggio 2009.