1. La terza via del Rojava: il modello delle comuni e delle cooperative

    Viaggio nel cuore della rivoluzione e nella strategia di transizione a un'economia sociale. La moltiplicazione dei Komkin e delle cooperative, la sperimentazione di nuovi modelli organizzativi.

    "Quando nel 2011 è iniziata la rivoluzione sapevamo che il conflitto si sarebbe trasformato in una guerra tra sciiti e sunniti. read more »

  2. Salonicco: l'economia deve essere controllata dai lavoratori

    Il secondo meeting euro-mediterraneo sull'economia dei lavoratori si è concluso domenica scorsa nella città di Salonicco


    L'incontro è stato ospitato dalla fabbrica recuperata VioMe. Circa 300 persone hanno preso parte ai dibattiti, ai workshop e alle assemblee. Oltre ai partecipanti provenienti dalla Grecia, in tanti sono arrivati dall'estero, con presenze da numerosi paesi: Spagna, Francia, Italia, Germania, Polonia, Croazia, Bosnia, Serbia, Turchia, Cipro, Regno Unito e poi Argentina, Colombia e Messico. read more »

  3. La Litoraleña resiste e produce

    Storia di una nuova recuperata argentina

    La Litoraleña, situata nel quartiere di Chacarita a Buenos Aires, è una delle nuove imprese recuperate dai lavoratori durante il governo di Macri, nella difficile fase di crisi economica ed austerità che sta attraversando l'Argentina. L'impresa, nata negli anni settanta, produce da decenni sfoglie per empanadas e torte rustiche ed è arrivata a contare 110 dipendenti, alcuni dei quali avevano raggiunto i 30 anni di anzianità. Lo scorso anno arriva però una fase difficile, cominciano i licenziamenti mentre i pagamenti cominciano ad essere incostanti. read more »

  4. La polizia carica lavoratori ed attivisti della Carovana solidale con Viome ad Atene

    Dopo un incontro al Ministero, i lavoratori delle due fabbriche recuperate greche intendono accamparsi in attesa di risposte concrete: la polizia carica violentemente il presidio pacifico.

    I lavoratori della fabbrica occupata e autogestita Viome, di Salonicco, e Roben, di Veria, assieme ad attivisti solidali provenienti da tutta la Grecia, hanno dato inizio alla loro “Carovana della solidarietà e della lotta” verso Atene nel pomeriggio di giovedì 31 giugno, per protestare contro l'inattività del governo e la sua carenza di volontà nel legalizzare il lavoro che si svolge nelle due fabbriche recuperate. read more »

  5. La Viome va all'asta, i lavoratori rilanciano la lotta

    La lettera aperta dei lavoratori della Viome che spiega gli ultimi sviluppi della vertenza annunciando la mobilitazione per il 26 novembre, giorno in cui sarà bandita l'asta per la fabbrica

    Nell'indifferenza del governo di Syriza dopo le promesse elettorali, i lavoratori denunciano le complicità tra potere giudiziario e padroni corrotti e lanciano la mobilitazione in difesa della Viome per il prossimo 26 novembre.

    A tutti i nostri sostenitori e solidali, con questa lettera vi informiamo sugli ultimi sviluppi della lotta dei lavoratori della VIOME. read more »

  6. Özgür Kazova, lavorare senza padrone ad Istanbul

    Una intervista agli operai della fabbrica recuperata Özgür Kazova, che si trova oggi di fronte ad un pesante attacco. Martedì 27 è infatti prevista la sentenza definitiva sul possesso dei macchinari,

    La Ozgur Kazova è la storia di un gruppo di uomini e donne, operai di una fabbrica tessile e lavoratori precari, che ha fatto della solidarietà e dell’autogestione una concreta sperimentazione, per costruire una risposta collettiva ed innovativa alla crisi, all’autoritarismo e all’assenza di libertà. read more »

  7. “L’economia delle lavoratrici e dei lavoratori”

    Un incontro sud-americano che apre nuove prospettive

     

    ll primo incontro sud-americano su “L’economia delle lavoratrici e dei lavoratori” si è tenuto il 3 e il 4 ottobre in Argentina. L’incontro si inseriva nel prolungamento dell’incontro omologo europeo avvenuto a Gémenos al’inizio del 2014 e precedeva quello della regione nord e centro-americana/Caraibi previsto per il 7 e l’8 novembre in Messico. L’obiettivo è ormai quello di realizzare la convergenza di queste tre iniziative regionali in occasione del prossimo incontro internazionale biennale che si svolgerà nell’officina VTELCA (Venezuelana di telecomunicazioni) a Punto Fijo in Venezuela nel luglio 2015 [1]


    Un’impresa recuperata ad alto livello di lotta

    Questo incontro si svolgeva a Pigué nei locali della cooperativa “Textiles”. La particolarità di questa officina recuperata è di essere installata in una piccola città conservatrice di 15000 abitanti, in una regione poco industrializzata e la cui economia si basa essenzialmente sull’allevamento dei bovini. Infatti, Pigué si situa in piena Pampa a circa 600 chilometri da Buenos Aires. Inoltre, essa è stata fondata alla fine del XIX sec. da immigrati francesi originari dell’Aveyron (una quarantina di famiglie rouergates per sfuggire alla miseria vi si stabilirono e la colonizzarono).

    La Cooperativa Textiles Pigué raggruppa oggi 130 lavoratori e lavoratrici associati. La loro lunga lotta è stata molto meno mediatizzata a livello internazionale di quelle delle officine Zanon/FabSinPat o Bruckman, ampiamente rilanciate attraverso reti politiche. La minore pubblicizzazione può essere anche spiegata col fatto che questa lotta iniziò un po’ in ritardo rispetto all’ondata di occupazioni di fabbriche del 2001/2002. Essa ha potuto tuttavia beneficiare del sostegno instancabile delle Madri di Plaza De Mayo e, in particolare, di colei che, all’epoca, era la sua presidente, Hebe de Bonafini, e inoltre del sostegno del Movimento nazionale delle fabbriche recuperate (MNER) creato di recente, così come di quello degli studenti universitari impegnati nel programma « Facoltà aperta » dell’Università di Buenos Aires.

    La fabbrica di Pigüé apparteneva al conglomerato Gatic SA, che deteneva le licenze di Adidas e di altri marchi per la fabbricazione di articoli di sport ripartita in una dozzina di officine, che impiegavano fino a 8000 lavoratori e lavoratrici, di cui 500 nella sede di Pigüé negli anni '90. Nel settembre 2003, quando la produzione fu interrotta, e i salari non furono più versati e, nel momento in cui il sindacato raccomandava la passività nell’attesa del risultato dei negoziati sull’indennizzo dei 220 lavoratori ancora presenti e puntava su un’ipotetica ripresa della fabbrica, una sessantina di lavoratori e lavoratrici decisero di occupare l’officina col sostegno del MNER. Nel febbraio 2004, 150 fra lavoratori e lavoratrici formarono la cooperativa e l’occupazione proseguì fino all’espulsione della polizia nell’agosto 2004. Dopo l’approvazione di una legge di esproprio da parte del Parlamento della provincia di Buenos Aires nel dicembre 2004, i lavoratori decisero di rioccupare la fabbrica nel gennaio 2005 e cominciarono a lavorare ispirandosi alla parola d’ordine del MNER « Occupare, resistere, produrre ».Occorrerà tuttavia aspettare il dicembre 2013 perché l’espropriazione definitiva dell’officina sia ratificata al termine di una lotta eroica di dieci anni, punteggiata da numerosi alti e bassi di carattere giuridico e politico 2

    Un indispensabile accumularsi di esperienze per costruire alternative concrete al capitalismo.

    E’ il caso innanzitutto di complimentarsi coi lavoratori e le lavoratrici della cooperativa Textiles Pigüé per l’ottima organizzazione logistica di questo incontro, che ha riunito più di 250 partecipanti, in grande maggioranza lavoratori di fabbriche recuperate-argentine(ERT) ma anche militanti sociali e politici, intellettuali e universitari brasiliani, colombiani, uruguayani, venezuelani e una piccola delegazione di francesi che si interessano dei problemi e delle potenzialità de « l’economia dei lavoratori e delle lavoratrici » nella prospettiva della costruzione di alternative alla crisi del capitalismo mondializzato.

    L’incontro ruotava intorno a sei assi, articolandosi in tavole rotonde, dibattiti e lavori di commissioni::
    – La situazione latino-americana nella nuova crisi del capitalismo: analisi e risposte dell’economia dei lavoratori; ;
    – Discussione sull’autogestione: autogestione, cogestione, controllo operaio, cooperativismo e altre forme di gestione economica;
    – I problemi dell’autogestione: produzione e integrazione produttiva, tecnologie, situazioni legali ;
    – Il ruolo dello stato e le politiche pubbliche nel processo di autogestione;
    –Le sfide del sindacalismo e altre forme di organizzazione dei lavoratori nel contesto capitalistico attuale;
    –Il lavoro precario informale e lo sfruttamento: Esclusione sociale o riformulazione delle forme di lavoro nel capitalismo mondializzato.

    Le numerose testimonianze dei lavoratori e lavoratrici impegnati nelle esperienze più diverse, più o meno di vecchia data, e messe a confronto con problematiche differenti hanno permesso di comprendere la realtà del processo in corso. Infatti, mentre le cooperative argentine dei settori della tipografia e della metallurgia hanno nella sostanza largamente consolidato i loro strumenti di lavoro e hanno costituito delle reti per mutualizzare gli investimenti e la produzione, i lavoratori dell’hotel Bauen restano sotto la minaccia dell’espulsione da un giorno all’altro. In linea generale, esiste una grande diversità fra gli ERT, caratterizzata da pratiche molto variegate come ha ben spiegato la sociologa Melina Perbellini.

    Il processo di recupero di fabbriche da parte dei lavoratori, in Argentina, evolve nel modo in cui è stato mostrato dall’ultimo rilievo effettuato nell’aprile. 2014. 311 ERT sono state testate, di cui una sessantina nel corso degli ultimi tre anni, con una diversificazione di settori di attività come dimostra sopratutto il recupero dei ristoranti o di edifici scolastici, che si traduce di pari passo con un’estensione geografica che abbraccia quasi l’intero paese 3. La stessa tendenza è stata osservata in Uruguay, mentre il processo, a partire dal 2003, è nettamente rallentato in Brasile , dopo che il paese era stato precursore del processo stesso negli anni 19904.

    Se il dibattito tra la scelta della nazionalizzazione sotto controllo operaio e il cooperativismo è stato chiuso rapidamente in Argentina(periodo 2002/2003) secondo José Abellí 5, i lavoratori brasiliani di Flaskô continuano a porsi la questione, così come i loro omologhi venezuelani che rivendicano il controllo operaio piuttosto che la gestione operaia diretta 6. In senso più generale, il dilemma che oppone, da un alto, un rapporto privilegiato con lo Stato e la rivendicazione di politiche pubbliche e, dall’altro, l’autonomia del potere popolare, resta il dilemma di fondo. Esso mette in questione la natura stessa dello Stato e delle sue istituzioni, secondo la loro caratterizzazione borghese o, eventualmente, in una prospettiva socialista.. Da questo punto di vista, il confronto con funzionari argentini responsabili di programmi di appoggio e del quadro legislativo, è stato per lo meno esplosivo. I lavoratori e le lavoratrici hanno denunciato, in particolare, l’assenza di chiarezza delle politiche pubbliche e di soluzioni relative alla copertura sociale, nonché i freni politici e giuridici che intralciano la messa in opera delle leggi di espropriazione. Sull’altro versante del Rio de la Plata, in Uruguay, la situazione è differente, l’impegno dello Stato è a un livello personale quello del presidente Pepe Mujica, un impegno che, in questi ultimi anni, ha permesso di realizzare un fondo specifico di aiuti per le imprese autogestite e di risolvere la questione della sicurezza giuridica relativamente agli espropri.

    Alcuni rappresentanti dell’economia popolare (cartoneros, beneficiari dei programmi sociali , etc.) hanno ricordato l’importanza dello sviluppo del processo di organizzazione di base (a partire dal territorio e dalla comunità).In questi ultimi anni, i movimenti popolari hanno adottato forme di autogestione per costituire delle unità economiche di produzione e di servizi sia in zone urbane che rurali. Gli intervenuti hanno particolarmente insistito sulla necessità di conquistare un vero e proprio statuto dei lavoratori e lavoratrici, affrontando così la sfida di costruire l’organizzazione dei lavoratori informali, alcuni dei quali non hanno mai lavorato in una impresa classica. E di osservare che, se in un periodo di forte crescita, 5 milioni di posti di lavoro sono stati creati in argentina nel corso di un decennio,, molti lavoratori e lavoratrici restano ora senza impiego. Più in generale, questi movimenti popolari sono arrivati a esercitare un’influenza sui governi, come si vede in parecchi paesi del Sud America,, attualizzando la questione del ruolo degli Stati considerati come catalizzatori potenziali di questi processi, il che mette in causa ancora una volta la relazione tra il potere istituzionale e l’autonomia del movimento popolare.

    Flávio Chedid, universitario brasiliano, autore di una analisi comparata sulla tecnologia sociale nelle esperienze argentina e brasiliana, ha ricordato che le ERT si distinguono nettamente dalle fabbriche classiche, dato che adottano dei ritmi di lavoro più bassi che si traducono in una riduzione sensibile del numero di incidenti sul lavoro; esse sviluppano attività educative, culturali, agro ecologiche in stretto collegamento con le comunità; migliorano le relazioni tra i lavoratori; creano delle reti per mutualizzare gli investimenti e la produzione; rimettono in discussione la divisione delle mansioni e contribuiscono all’emancipazione delle donne, in particolare attraverso l’assunzione di responsabilità nei luoghi di lavoro; infine rendono possibile l’instaurarsi di una autentica democrazia interna. 7.

    Questa breve presentazione non permette di descrivere in modo esaustivo la molteplicità degli interventi, i temi affrontati e la ricchezza del dibattito. Dal mio punto di vista, non sono stati analizzati a sufficienza il rapporto col mercato e la messa in atto di circuiti alternativi. Ma i lavori di commissione li hanno parzialmente accennati e hanno permesso di mettere a punto una scaletta di problemi, di interrogativi rispetto ai quali sarebbe importante agire, riflettere e migliorare: l’esproprio delle imprese capitalistiche, l’accesso alle linee di bilancio dei programmi pubblici, l’acquisto di prodotti da parte dei poteri pubblici, la diffusione delle esperienze, la relazione con i sindacati, le contraddizioni nelle pratiche quotidiane, i rapporti con gli Stati e quelli tra l’economia sociale e quella popolare.

    Una solidarietà internazionalista ben consolidata

    L’assemblea ha deciso di realizzare un « fondo di sostegno delle lotte » per il recupero delle fabbriche. Ha adottato perciò delle dichiarazioni di appoggio ai lavoratori e lavoratrici di Bauen 8, in memoria di de Robert Serra, deputato venezuelano assassinato il 1 ottobre ed è stato girato un videoclip in solidarietà con i lavoratori e lavoratrici della Rimaflow (Italia) che hanno recuperato i loro strumenti di lavoro un anno fa. E’ stato anche letto un messaggio dei lavoratori e lavoratrici di Fralib che salutano e sostengono questo convegno.. Nel corso di queste giornate, sono stati proiettati filmati sulle esperienze di lotta dei lavoratori di Bauen, di Flaskô, di Textiles Pigüé e « Il diario del centro del paese » 9, giornale recuperato a Cordoba.

    Questo incontro regionale sud-americano è stato una buona preparazione in vista di quello di Punto Fijo che riunirà su scala internazionale i rappresentanti di più continenti per discutere sui problemi e le potenzialità dell’economia dei lavoratoti e lavoratrici. Più che mai l’autogestione e il recupero delle fabbriche costituiscono una alternativa per garantire i diritti e gli interessi dei lavoratori di fronte al capitalismo mondializzato, che aliena e sfrutta sempre di più. Questi incontri si basano principalmente sulle esperienze delle fabbriche recuperate dai lavoratori, sul movimento cooperativo, sul controllo operaio e la cogestione, sull’economia solidale e tutte le altre forme di lotta auto organizzata per la salvaguardia dei posti di lavoro e la gestione diretta delle fabbriche. In particolare ci danno la possibilità di un confronto di posizioni tra gli attori e attrici degli ERT, degli ambienti sociali, politici, intellettuali e universitari allo scopo di tracciare percorsi di alternative concrete al capitalismo e di consolidare le esperienze in corso. Convinta dell’interesse e della visibilità internazionalista di questi incontri, L’Associazione Autogestione vi si impegna totalmente e, nella sua qualità di struttura co-organizzatrice del prossimo incontro internazionale,opererà affinché una delegazione europea , plurale e rappresentativa, sia presente a Punto Fijo. read more »

  8. ¡Si, podemos! Imprese recuperate dai lavoratori nell'emisfero settentrionale durante la crisi attuale

    Da quando è iniziata la crisi finanziaria e economica nel 2008 varie aziende chiuse in Unione Europea -Italia, Francia, Grecia- e in Turchia ed Egitto, sono state occupate dai loro lavoratori e lavoratrici. Comune in America Latina, il recupero delle imprese costituisce una novità per i paesi dell'emisfero settentrionale del mondo, dove -tralasciando casi isolati e eccezionali- azioni del genere non avvenivano da oltre quarant'anni. In questo articolo dapprima si definiranno i criteri per distinguere tra imprese recuperate da lavoratori e lavoratrici da una parte e cooperative tradizionali e/o cosiddetti workers’ buy-outs dall'altra, ovvero imprese acquisite dai lavoratori durante la crisi. Verranno in seguito descritti e analizzati varî recuperi nei paesi menzionati, individuando caratteristiche comuni e differenze.
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  9. Lavorare senza padroni in Europa

    Cinque esperienze di autogestione produttiva nello spazio euro-mediterraneo: da Marsiglia a Salonicco, da Istanbul a Roma e Milano, un viaggio nelle sperimentazioni di lavoro senza padroni

    C’è un elefante che in Francia si è trasformato in un simbolo di lotta. E’ l’elefante conosciuto come logo di un famoso thè prodotto a livello locale, da oltre 120 anni, nello stabilimento della fabbrica Fralib a Gemenòs, nell’area metropolitana di Marsiglia, a poco più di venti chilometri dalla città. La multinazionale Unilever, proprietaria del marchio Thè Elephant e del marchio Lipton, ha deciso di chiudere lo stabilimento nel settembre 2010 per delocalizzare la produzione in Polonia, alla ricerca di una mano d’opera più a buon mercato. Ben 182 lavoratori son rimasti senza lavoro, ma hanno reagito prontamente occupando la fabbrica. Da quel momento hanno cominciato a lottare, sostenuti dal sindacato, rivendicando non solo i salari arretrati, ma anche il diritto a mantenere il proprio posto di lavoro autogestendo la produzione. Assieme a tutto questo, hanno lanciato e fatto vivere una campagna di boicottaggio della Lipton e Unilever a livello transnazionale. read more »

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