Dall'utopia alla realtà. Due esempi di movimento operaio in Venezuela

Dall'utopia alla realtà. Due esempi di movimento operaio in Venezuela

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La storia moderna del movimento operaio venezuelano potrebbe incominciare a partire dal 1929, quando si installa la prima multinazionale per lo sfruttamento del petrolio venezuelano. A partire da questo e fino al 1936 si registra una migrazione di popolazione dalle campagne alle città, dove si erano installate le prime multinazionali petrolifere, generando così una classe lavoratrice dell'industria petrolifera, che già incomincia a organizzarsi per richiedere migliori condizioni di lavoro. Si arriva quindi alla creazione della Confederazione dei Lavoratori del Venezuela (CVT) durante il cosiddetto boom petrolifero; le multinazionali sfruttano le risorse naturali in grandi quantità ma i profitti non arrivano ai lavoratori e alle lavoratrici. Anche se si organizzano e riescono a far emanare la Ley Orgánica del Trabajo, la loro situazione non migliora sostanzialmente. Nel 1936 ci fu un grande sciopero, con due richieste principali: aumento dei salari e disponibilità di acqua fresca sul luogo di lavoro. Le multinazionali cedono alle richieste dei lavoratori ma l'allora presidente, il militare Marcos Perez Jimenez, si concentrò più che altro sul dare benefici alle multinazionali e vendette praticamente tutte le risorse naturali, non solo quelle petrolifere, alle imprese straniere. Sebbene il presidente Jimenez fu sconfitto nel 1958 e fuggì negli Stati Uniti, queste politiche neoliberali continuarono a essere messe in pratica anche dai presidenti seguenti. Questa situazione creò un impoverimento non solo della classe operaia ma anche di altre fette della popolazione che ora vivevano nella miseria. Ad esso si aggiunse la repressione conto i partiti di opposizione, come il Partito Comunista, e contro ogni tentativo di organizzarsi all'interno dei luoghi di lavoro. Le cose cambiano nel 1989 con il cosiddetto 'Caracazo'. Il fattore scatenante è il governo del presidente Carlos Andres Perez, di Azione Democratica, che mise in pratica le politiche dettate dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. Tuttavia con il 'Caracazo' si perde una grande opportunità di cambiare il corso del paese, a causa della mancanza di un'avanguardia rivoluzionaria che allora fosse capace di creare un nuovo sistema. Fu sotto il governo di Carlos Andres Perez che venne eseguito il tentativo di colpo di stato guidato da Hugo Chavez. L'allora presidente si rivolse alle telecamere e proclamò un 'per il momento', con cui voleva intendere che non c'erano le condizioni per un cambiamento. Nel 1998 Hugo Chavez vince le elezioni ottenendo la maggioranza dei voti. E' la prima volta nella storia del Venezuela che un presidente viene eletto con la maggioranza dei voti.

 

2-

La situazione attuale del movimento operaio venezuelano non è facile. Se è certo che la situazione sotto il governo Chavez, non solo per la classe lavoratirice, ma per la popolazione in generale, è migliorata in gran misura attraverso la creazione delle 'Misiones', non tutto è semplice nella Rivoluzione. Prendendo come esempio la storia di due fabbriche verrà spiegata la situazione attuale del movimento operaio in Venezuela.

 

Caso Viviex

Vivex è una fabbrica di vetro per il settore automobilistico, ubicata nella città di Barcellona capitale dello stato di Anzoategui, costruita nel 1964. Per comprendere il processo di lotta dei lavoratori e delle lavoratrici della Vivex è necessario partire dal 2002, quando si svolsero le elezioni per una riforma costituzionale. La reazione dell'opposizone dell'oligarchia si concretizzò in un colpo di stato contro Hugo Chavez, che durò solamente 48 ore, dopodichè il presidente fu rilasciato grazie soprattutto alla mobilitazione del popolo venezuelano. Tuttavia l'opposizione non resta a guardare. La politica interna di Chavez rende irrequieta la classe imprenditoriale, soprattutto la sua politica energetica attraverso la Legge Organica degli Idrocarburi entrata in vigore nel novembre del 2001 e l'accordo energetico di Caracas che sostiene l'unificazione latinoamericana attraverso la vendita di petrolio venezuelano a prezzi equi a paesi come Haiti e Cuba. Alla fine del 2002 si arriva al blocco dell'impresa petrolifera più grande del Venezuela, la PDVSA. Come risultato del fermo, che si prolungò fino a febbraio 2002, il popolo venezuelano sostenitore delle politche di Chavez e la classe lavoratrice si mobilitarono in modo importante, come durante il colpo di stato del 2002, per costringere la direzione della PDVSA, contraria alle politiche del governo, a lasciare il controllo dell'impresa. Questo conflitto portò i lavoratori e le lavoratrici delle fabbriche ad eleggere leader sindacali di sinistra, in questa maniera vennero smantellati i leader sindacali conservatori e i membri del CVT. Questo cambiamento si verificò anche nella Vivex. In questo modo i lavoratori della Vivex riuscirono ad ottenere nel 2006 la creazione del primo nuovo sindacato dell'impresa. La direzione dell'impresa annuncerà più tardi, che in seguito ad una modernizzazione dell'azienda, verranno lasciate a casa 60 persone. Nell'assemblea generale si decide di iniziare lo sciopero per ottenere il reintegro delle compagne e dei compagni licenziati. La richiesta viene soddisfatta. Nel 2007 le lavoratrici e i lavoratori ottengono il primo contratto collettivo, però nel novembre 2008 la direzione dell'impresa retribuisce soltanto 15 giorni di lavoro invece dei 120 stabiliti. L'impresa viola così la Ley General de Utilidades. Ancora una volta in assemblea si decide di occupare la fabbrica, motivati anche dalla fuga della direzione e del suo gruppo di collaboratori. Paolo Cumana racconta orgoglioso di come durante questo periodo le lavoratrici e i lavoratori abbiano continuato a produrre senza padroni mantendo una produttività del 90%. Gli anni seguenti, 2008-2009, sono anni di dialogo. Si redige un rapporto di verifica interno da consegnare al Ministro del Lavoro e al presidente stesso. Nel 2010 si fonda la cooperativa riconosciuta a livello nazionale e internazionale. Sempre nel 2010, per rendere pubblica la causa della Vivex, 14 lavoratrici organizzano una marcia di 320 kilometri, da Barcellona alla capitale, Caracas. I mezzi di comunicazione parlano per la prima volta della Vivex. La lotta ora non è più contro la direzione dell'impresa ma contro i tribunali. Il giudice che ordinò lo sgombero della fabbrica Mitsubishi è lo stesso che manda la polizia alla Vivex per sgomberarla. Le macchine vengono sabotate per ridurre la produzione, viene tagliata l'acqua e la luce. Finalmente il 31 maggio 2011 il presidente Chavez decide di espropriare la fabbrica attraverso la Ley de Utilidad Publicas y Expropiaciones. Da questo momento inizia il cammino dei lavoratori verso un altro obiettivo organizzativo. Attualmente si organizzano in Consigli di Fabbrica e in gruppi di lavoro. Inoltre, date le ancora esistenti relazioni capitaliste -continua a spiegare Cumana- Vivex organizza convegni con imprese cinesi, iraniane e russe per la fabbricazione di autobus. Per supportare una differenziazione della produzione si è sviluppato un progetto con i Consigli Comunali per collaborare nel progetto Mision Vivienda alla costruzione di porte e finestre di vetro. Paolo Cumana parla del suo processo di politicizzazione e di quello delle sue compagne e compagni: delle numerose letture sui Consigli Operai, sul controllo della fabbrica, sul passaggio dalla utopia del possesso dei mezzi di produzione ad averli nelle proprie mani e dover decider insieme ai consigli comunali in che modo gestire la fabbrica. Questa lotta ha avuto il suo prezzo: contro Paolo Cumana esiste un mandato delle autorità.

 

Caso Mitsubishi

Felix Martines, lavoratore e leader sindacale della fabbrica Mistsubishi in Venezuela, torna indietro al 2002 per raccontare l'occupazione della fabbrica. Racconta di come dopo il blocco della fabbrica PDVSA le lavoratrici e i lavoratori tornarono al loro posto di lavoro ma tuttavia le condizioni peggiorarono. Venne dimezzata la giornata lavorativa ma venne richiesta una produttività da tempo pieno. Anche nella fabbrica Mitsubishi si affermò il nuovo sindacato, coperto dalla Ley de Inamovilidad Laboral, che entrò in vigore sotto il governo del presidente Chavez. Questo nuovo sindacato nacque con due premesse: il sindacato non deve vincolarsi a nessun partito politico e non deve accettare né corruzione né burocratismo. Fu allora che incominciò la carriera di Felix Martinez come segretario generale del sindacato, ed egli chiarisce che prima di allora non aveva nessuna conoscenza dei sindacati e non sapeva tantomeno cosa fosse un segretario generale. Ma le sue compagne e i suoi compagni lo votarono e lui accettò l'incarico. Il nuovo sindacato inziò allora a lottare per i diritti dei lavoratori come la sicurezza sul lavoro e la salute, che non esistevano nell'impresa. Vennero elette 27 persone delegate per collaborare insieme alla direzione sindacale. Come prodotto di questa organizzazione vennero creati dei gruppi di studio, di formazione ideologica, di diritto del lavoro e di salute, e si presentarono alle lavoratrici e i lavoratori le entrate e le uscite dell'impresa. Inoltre si organizzarono dibattiti ideologici di formazione marxista con altre organizzazioni sindacali come quella della Vivex. Grazie a questo lavoro congiunto si elaborò nel 2006 la proposta del nuovo sindacato. Nel 2008 le lavoratrici e i lavoratori elaborarono una 'dichiarazione di lotta' che venne discussa sia all'interno dell'impresa che al Ministero del Lavoro. La direzione dell'impresa reagì negativamente. La prima cosa che fecero fu licenziare 138 persone che non avevano un contratto indeterminato. Il sindacato richiese all'impresa di riassumere le persone licenziate con un contratto a tempo indeterminato. Alla risposta negativa da parte della direzione si convocò un'assemblea generale che decise tramite maggioranza dei voti di occupare la fabbrica per esigere il reintegro delle persone licenziate. Questa occupazione durò tre mesi, in cui le lavoratrici e i lavoratori furono messi a dura prova quando lo stesso giudice che aveva ordinato lo sgombero delle Vivex, ordinò di reprimere l'occupazione dello stabilimento della Mitsubishi. Durante il conflitto furono assassinati due lavoratori. Furono licenziate circa 500 persone che non avevano sussidi di disoccupazione, e la direzione sindacale, dove si trovava Felix Martinez, venne anch'essa congedata. Su Martinez pende un avviso di garanzia a causa dell'iniziativa legale della direzione della Mitsubishi.

 

3-

La creazione di nuovi sindacati comportava la creazione di organizzazioni dentro gli stessi sindacati. Nella fabbrica della Mitsubishi si organizzarono in cellule che avevano come obbiettivo quello di raccogliere le proposte interne da parte delle compagne e i compagni, i cosiddetti portavoce, i quali erano parte del Consiglio dei Lavoratori. Queste proposte dovevano essere messe in discussione e votate a maggioranza dalle lavoratrici e i lavoratori per decidere il piano di lavoro annuale del sindacato. Rispetto al rischio che lo stato incorpori i sindacati come successe in Messico, dove vari sindacati independenti e combattivi, che crearono nel 1913 la prima Casa Mondiale dell'Operaio, finirono per vendersi o dimenticarsi di difendere i diritti della classe lavoratrice, rispondono Cumana e Martinez con convinzione: "un sindacato deve essere autonomo, si appoggia lo stato nelle politiche sociali, però lo stato non si deve intromettere nelle questioni interne del sindacato". Martinez e Cumana continuando spiegando le difficoltà che tuttavia sta avendo la classe lavoratrice in Venezuela: la necessità di diversificare la produzione della fabbrica, dato che non si può vivere in eternità delle entrate del petrolio; la lotta contro la burocrazia che blocca le politiche sociali di Chavez, contro la 'bloburguesia', persone che si sono arrichite a danno della Rivoluzione e che cercano soltanto proventi personali contribuendo a reprimere il processo rivoluzionario. Contro essi la lotta continua. I due militanti non esitano nell'affermare che nel loro paese si sta combattendo una lotta di classe: la classe lavoratrice contro l'oligarchia capitalista che controlla i mezzi di produzione. A proposito della criminalizzazione delle lotte sociali che avviene in altri paesi dell'America Latina, Martinez e Cumana affermano che esistono casi di assassinio, soprattutto di imprenditori agricoli che fino ad oggi non sono ancora stati chiariti, e che l'aumento della partecipazione e dell'infiltrazione dei paramilitari anche dentro i movimenti sociali è preoccupante. Questa è una prova dell'esistenza di gruppi che intendono destabilizzare il paese. Sono convinti che sia necessario mettere fine allo stato borghese, e che sia possibile farlo solo attraverso la partecipazione e l'organizzazione della classe operaia congiunta con i Consigli Comunali. In questo momento esistono diversi movimenti sociali in Venezuela, il Movimento per il Controllo Operaio, il Movimento per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro, il Movimento contro l'Impunità e la Criminalizzazione delle Lotte Sociali, e l'Unione dei Lavoratori, che cercano di creare un fronte nazionale e internazionale, che metta fine al capitalismo e costruisca il socialismo, e affermano con convinzione che se non ci fosse stata la rivoluzione essi non sarebbero qui. La visita di Pablo e Felix risale al periodo in cui si stava discutendo la nuova Ley del Trabajo, che è stata poi approvata lo scorso primo maggio. Ci raccontano che attraverso le assemblee e i dibattiti sono state raccolte più di mille proposte, molte delle quali sono state incluse nelle nuova legge che è composta da 659 articoli, nei quali si stabilisce ad esempio che le lavoratrici e i lavoratori hanno il diritto di intervenire sulla direzione, la produzione e l'organizzazione della fabbrica e stabilisce dure sanzioni per quelle imprese che violano questi diritti.