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Italian25/06/14
Importante vittoria della fabbrica recuperata di Marsiglia. Dopo tre anni e mezzo di conflitto, è stato siglato un accordo tra Unilever e i lavoratori di Fralib. L’intesa prevede un contributo finanziario di 20 milioni di euro [...] che Unilever dovrà versare per i danni causati dalla decisione di chiudere la fabbrica produttrice di thè. La SCOP Thè & Infusi potrà ora costituirsi in cooperativa e rilanciare in loco una produzione di qualità.
Lunedì 26 maggio, è stata finalmente raggiunta un’intesa tra i dipendenti e Unilever che pone fine al conflitto tra le parti dopo 1336 giorni di lotta. Si tratta per i lavoratori di una vittoria in grado di aprire una nuova pagina della loro sfida. In totale infatti, Unilever verserà circa venti milioni di euro per permettere alla SCOP Thè & Infusi di ripartire, preservando così in gran parte la l’attività industriale della fabbrica.
È vicina ai venti milioni di euro la cifra che la multinazionale stanzierà per favorire l’avvio della SCOP. L’accordo precisa infatti che la proprietà del sito insieme a quella dei macchinari sarà trasferita alla nuova società per un valore stimato di 7 milioni di euro. Inoltre l’Unilever finanzierà uno studio di mercato, contribuirà alla costituzione di un fondo per la ricapitalizzazione e parteciperà ai lavori di aggiornamento e ripristino dei macchinari. A tutto ciò si aggiunge poi l’indennità (supra-legales?) che tutti i dipendenti riceveranno e che in parte verrà riutilizzata dagli stessi lavoratori per costituire il capitale iniziale della futura SCOP.
Martedì scorso, durante la conferenza dei Fralib sul loro posto di lavoro, c’era grande emozione. Tutti avevano la sensazione di aver ottenuto un’importante vittoria, come testimoniato dalle parole di un lavoratore: «Ci siamo ribellati contro dei miliardari, ci dicevano che eravamo folli ma alla fine la nostra follia ha pagato». Così come i dipendenti ex-Pilpa che hanno lanciato la Fabrique du Sud, quelli di Fralib dovranno ora costruire il loro proprio progetto economico. Questo significherà trovare nuovi clienti. Alcuni li hanno già conosciuti durante i giorni di lotta, ma i lavoratori, che stanno attualmente discutendo il nome definitivo del loro marchio, contano a tal fine di realizzare a breve una grande giornata di presentazione della loro gamma di prodotti. Tutta la forza di questa cooperativa infatti risiederà nel proporre ai consumatori prodotti naturali e di qualità in netto contrasto con gli aromi sintetici utilizzati in precedenza, facendo dell’arrivo della SCOP nel settore agroalimentare un incentivo al rilancio delle filiere di aromi naturali nella regione.
Ora più che mai, le reti di sostegno di questo progetto dovranno mobilitarsi per trovare nuove opportunità per la SCOP, che ripartirà da una cooperativa costituita da circa sessanta lavoratori. Ma per ora, quello che i lavoratori Fralib stanno preparando per la fine di giugno, è una grande festa per celebrare la vittoria nella loro fabbrica.
Tratto da workerscontrol.net/fr e tradotto da DinamoPress
Fralib, Ανακτημένες Επιχειρήσεις, Εργατική Αυτοδιαχείριση, 21ος αιώνας – Εργατικός Έλεγχος στη Σύγχρονη Εποχή, Γαλλία, ΕυρώπηExperiencesΝαιΝαιNoΌχι -
Italian25/06/14
Lavoratori delle fabbriche recuperate, ricercatori ed attivisti da diversi paesi europei e latinoamericani si incontreranno a Marsiglia il prossimo 31 gennaio e 1 febbraio presso la fabbrica occupata e recuperata Fralib.
In occasione della seconda edizione del meeting dei movimenti sociali europei Agorà99, tenutosi a Roma lo scorso novembre, si è svolta il primo momento di confronto e di dibattito europeo attorno alle esperienze di occupazione, recupero e autogestione delle fabbriche in crisi, che ha visto la partecipazione di fabbriche occupate italiane e greche e di militanti ed attivisti di diversi paesi europei. Un fenomeno nuovo nell’Europa dell’austerità che è utile indagare all’interno di un contesto segnato dalla disoccupazione crescente, dall’attacco ai diritti e alle garanzie, all’interno di una violenta offensiva padronale. Contro la ricetta neoliberista che prevede politiche di austerità, razzismo, disoccupazione, precarietà dilagante ed isolamento sociale, non senza difficoltà e limiti si stanno dando però diverse esperienze alternative basate sulla cooperazione, l’autogestione, forme e sperimentazioni di resistenza ed immaginazione di nuovi modelli produttivi.
Se dunque durante Agorà99 si è sviluppato un primo momento di confronto tra queste nuove esperienze, che ha cominciato a sviluppare linee di ragionamento, di inchiesta e di confronto molto interessanti da cui ripartire, la seconda tappa sarà proprio il meeting internazionale “L’economia dei lavoratori” che si svolgerà questo fine settimana a Marsiglia, presso la fabbrica occupata e recuperata Fralib. Organizzato a partire dal lavoro decennale di ricerca e inchiesta nato a Buenos Aires nel 2002, il programma di ricerca Facultad Abierta della UBA, ed in continuità con gli incontri internazionali “Economia dei lavoratori”, il meeting di Marsiglia vedrà la partecipazione di ricercatori, attivisti e operai delle fabbriche autogestite dall’Argentina, dal Brasile, dal Messico e da oltre sei paesi europei.
Proprio in Argentina, nel paese in cui con più forza si sono date esperienze di recupero delle fabbriche in fallimento a causa della crisi economica del 2001, è nato un programma di ricerca, nell’ambito dell’estensione universitaria, attorno al nodo dell’autogestione operaia e delle nuove sfide del sindacalismo a partire dalla rottura e dall’innovazione che le esperienze delle ERT (sigla utilizzata per definire le fabbriche recuperate, acronimo di “empresas recuperadas por sus trabajadores”) hanno costituito nell’ambito della lotta di classe e nel movimento operaio, non solo a livello argentino, ma su un piano sempre più globale. Un programma di ricerca anomalo, basato sulla condivisione di inchiesta e conricerca, di discussione e di analisi politica tra studenti, ricercatori, militanti e operai delle fabbriche occupate, capace di dare vita a convegni, pubblicazioni, seminari finalizzati a costruire appoggio popolare al movimento delle fabbriche, ricerca e inchiesta utile a rafforzare le lotte e a costruire dibattito su queste esperienze a livello globale. Un programma di ricerca che nelle scorse settimane ha subito, dopo oltre dodici anni di esperienza, un pesante attacco politico-accademico da parte della nuova preside della facoltà: a questo tentativo di delegittimazione da parte delle istituzioni accademiche, che mette a rischio la continuità dell’esperienza, i partecipanti del programma hanno risposto con una giornata di dibattito pubblico, tenutasi lo scorso 20 dicembre all’Università di Buenos Aires, e all’intensificarsi delle proposte e delle relazioni a livello globale che hanno costituito la vera forza del programma di ricerca, capace di offrire spunti di dibattito, documentazione, inchiesta e relazioni nello spazio globale tra università, movimenti sociali e fabbriche occupate.
In vista del prossimo incontro internazionale, previsto per il 2015 in Venezuela, durante l'incontro del luglio 2013, tenutasi a Joao Pessoa, in Brasile, è nata l’idea di aprire nuovi spazi di dibattito e di confronto: oltre alla biennale internazionale, fino ad adesso tenutosi a Buenos Aires nel 2007 e nel 2009, a Città del Messico nel 2011, ed appunto a Joao Pessoa in Brasile nel 2013, si stanno oanizzando una serie di incontri anche in Europa, in Nord America, Centro e Sud America, in Asia, Oceania e Africa, da svolgersi ad anni alterni.
A seguito di una serie di incontri e dibattiti con Andres Ruggeri di Facultad Abierta, tenutisi tra Spagna, Francia ed Italia nel mese di dicembre, il prossimo 31 gennaio si terrà il primo incontro euro-mediterraneo “L’economia dei lavoratori”: un momento utile ad aprire spazi di riflessione comune attorno alle prospettive di queste esperienze di lotta all’interno della crisi europea, confrontandosi con il dibattito latinoamericano che da oltre un decennio si articola tra ricercatori, militanti e operai in diversi paesi, in vista dell’incontro venezuelano del prossimo anno.
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German23/06/14Die Faust zum Gruß
Der erste Mai – Kampftag der Arbeiterbewegung – oder heute in Deutschland oft nur noch Tag der Arbeit genannt. Zu diesem Anlass reisten Delegierte aus griechischen Projekten nach Deutschland, um über ihre Kämpfe und die Situation in Griechenland zu berichten. Dabei sind unter anderem ehemalige MitarbeiterInnen des staatlichen Rundfunk- und Fernsehsenders Elliniki Radiofonia Tileorasi (ERT), die neu gegründete Genossenschaft H Efimerida ton Syntakton (Zeitung der Redakteure) und Arbeiter der besetzten Baustofffirma »Viomichaniki Metallevtiki« (vio.me).
Der staatliche Rundfunk-und Fernsehsender ERT wurde Juni 2013 durch Entscheidung des griechischen Ministerpräsidenten Samaras geschlossen, 2700 Angestellte wurden arbeitslos. Bereits im Juli 2011 verfügte die Verlagsleitung der größten linksliberale Zeitung »Eleftherotypia«einen Zahlungsstopp aller Angestelltengehälter. Die Arbeiter von vio.me saßen auch 2011 plötzlich ohne Arbeitgeber und Lohn da. Ihre Arbeitgeber waren auf Grund der Insolvenz der gesamten Firma untergetaucht. Zurück geblieben sind die Menschen. Sie kämpfen nicht nur um ihre Arbeitsplätze, sondern um die Hoffnung auf ein gutes Leben. Die Erkenntnis, die sie im Zuge der Krise für sich gewonnen haben, bringt Dimitris Koutamatsioulis von vio.me auf den Punkt:»Wir müssen selber kämpfen, wenn wir Siege erringen wollen.« Genau das taten sie.
Die Redakteure von ERT besetzten die Sender und senden immer noch. Die ehemaligen MitarbeiterInnen der linksliberalen Zeitung »Eleftherotypia« gründeten eine Genossenschaft und somit ihre eigene Zeitung, die »Zeitung der Redakteure«. Die Arbeiter von vio.me besetzten ihre Fabrik und begannen den Kampf um eine staatliche Anerkennung ihres Betriebes als Selbstverwalteten Betrieb.
Griechenland
Die Solidarität, die die Europäische Union ihnen angedeihen lässt, scheint eher die Unterstützung der griechischen Elite zu sein, denn eine tatsächliche Hilfe für die griechische Bevölkerung. Der griechische Staatsbesitz wird nach dem Willen der Europäischen Union ausverkauft. Die Berliner Griechenland-Solidaritätsgruppe fasst auf ihrer Internetseite one-struggle.net, in der Ankündigung zur Presskonferenz mit verschiedenen griechischen Projekten recht prägnant zusammen, wie die Lage ist: »In Griechenland geht es mit der Wirtschaft angeblich wieder ein wenig Berg auf, doch die Menschen merken nichts davon. 30 bis 40 Prozent der Griechen sind inzwischen ohne Krankenversicherung, 28 Prozent nach offizieller Zählung arbeitslos. Flächentarifverträge wurden verboten, Arbeiter und Angestellte haben meist nur noch individuelle Verträge. Löhne und Gehälter wurden um 30 bis 40 Prozent gekürzt, zum Teil sogar halbiert, und oft erst mit einigen Monaten Verspätung ausgezahlt. Wird gegen diese Zumutungen gestreikt, greift die Regierung inzwischen öfter auf Notstandsgesetze zurück.« Nicolas Tsimpidas von ERT sagt: »Der schwerste Kampf, den wir auszufechten haben, ist der Kampf um die Hoffnung.«
Verarmung und Entdemokratisierung sind die Folgen der Krisenpolitik der Troika. Die griechische Regierung regiert vor allem auf der Basis von Dekreten, es entscheiden zwei Minister, nicht das Parlament. Durch ein solches Dekret wurde auch der öffentlich-rechtliche Fernseh- und Radiosender ERT geschlossen. Berücksichtigt man die Zahlen, die von Xenia Kounalaki auf spiegel-online veröffentlicht wurden, hatte ERT ein eigenständiges Budget von 290 Millionen Euro, dass durch eine Haushaltsabgabe finanziert wurde, 200 Millionen Euro hat ERT nur ausgegeben – eine Gefahr, die Staatsfinanzen zu belasten, hätte damit nicht bestanden. Nicholas Tsimpidas, Radiosprecher bei ERT, sagt: »Ich weiß nicht, was schlimmer ist, dass wir zugelassen haben, dass unsere Regierung so etwas macht, oder dass wir uns der Illusion hingegeben haben, dass so etwas in Europa nicht passieren kann.« Er bezieht sich damit auf die Schließung von ERT und die Durchsetzung mit Hilfe der Polizei, trotz massiver Proteste.
Elliniki Radiofonia Tileorasi (ERT)
Für die MitarbeiterInnen von ERT ist die Situation aktuell am schwierigsten. Seit August halten sie eine Reihe von Sendestationen besetzt. Machi Nicolara erzählt: »Im August wurde der Sender endgültig geschlossen, wir haben jetzt April und wir sind immer noch da. Es kann aber nicht ewig so weiter gehen.« Sie erhalten alle keinen Lohn. Ihren eigenen Angaben zufolge zahlt die Regierung die Abfindungen nicht. Sie leben derzeit vom Arbeitslosengeld, von Solidaritätsfonds und individueller Unterstützung. Eine Reihe von KollegInnen, die bei anderen Sendern arbeiten, verzichten auf Teile ihrer Gehälter, um sie zu unterstützen. Es gibt auch Lebensmittelspenden für die ehemaligen MitarbeiterInnen von ERT, denn es fehlt an allem. »Manche unserer Kollegen haben nicht einmal Strom zu Hause« sagt Nicholas Tsimpidas. Von den ursprünglich 2700 Angestellten befinden sich immer noch 700 im Streik.Sie halten weiterhin achtzehn Gebäude besetzt. Ihre selbst gewählte Struktur ist die Selbstverwaltung. Es gibt keine Chefredakteure mehr bei ERT, sondern Gruppen, die zusammen beraten, welche Nachrichten gesendet werden, sowie einige Koordinationsgruppen. »Selbstverwaltung ist so schwierig, wie es schön ist. Man braucht Verrücktheit, einen kühlen Kopf und Beharrlichkeit.«sagt Nicolas Tsimpadi. Sie alle hatten vorher keine Erfahrung mit selbstverwalteten Strukturen, so wie es auch bei den Arbeitern von vio.me war. Jetzt will Nicolas Tsimpidas sie auf gar keinen Fall mehr missen. »Wir haben jetzt einen engen Kontakt zu unserem Publikum, weil wir über Themen berichten, über die sonst niemand berichtet. Unser Publikum weiß, dass wir uns geändert haben, dass wir Nachrichten nicht manipulieren.«
Wie viele ZuhörerInnen und ZuschauerInnen sie täglich haben wissen sie nicht. Nur über ihre Internetseite können sie Angaben machen. Es sind 500 000 Aufrufe pro Tag. Ihr Ziel ist die Wiederzulassung von ERT, aber nicht in der Form des alten Senders, sondern mit der neuen Struktur der Selbstverwaltung.
H Efimerida ton Syntakton – Die Zeitung der Redakteure
Bei der neu gegründeten Genossenschaft der »Zeitung der Redakteure« kann aktuell immerhin allen Beschäftigten 800 Euro im Monat ausgezahlt werden. Ihr nächstes Ziel ist eine kontinuierliche Auflage von täglich 10 000 verkauften Exemplaren und bei der Wochendausgabe 15 000. Diese Auflagen können sie nicht immer erreichen. »Die Menschen sind so arm, dass sie sich oft nicht die 1,30 Euro für die Zeitung leisten können.« erklärt die Redakteurin Aphrodite Tziantzi. Hinzu kommt, dass gerade die jüngere LeserInnenschaft eher die online-Ausgabe nutzt, die ab 19.00 Uhr kostenlos ins Netz gestellt wird. Was jetzt ganz gut aussieht, war es zu Beginn nicht, die Verlegerin der »Eleftherotypia«, Mania Tegopoulou, hatte Ende des Jahres 2011 Insolvenz angemeldet. In einem Interview mit der jungle world berichtet der Chefredakteur der Zeitung der Redakteure, Stamatis Nikolopoulos, dass »die Besitzerin die Anwendung von Artikel 99 des Konkursgesetzes verlangt hat.« Die Interviewerin Chrissi Wilkens erläutert in einer Anmerkung das Gesetz: »Lohnabhängige gelten dann als Gläubiger des Unternehmers, dieser muss ihnen so den geschuldeten Lohn nicht zahlen.« Für die Redakteure war nicht zu erwarten, noch einen Pfennig von ihrer ehemaligen Arbeitgeberin zu bekommen. Sie gründeten eine Genossenschaft. Alle, die sich an der Zeitung der Redakteure beteiligen wollten, mussten 1000 Euro aufbringen und zwei weitere Monate auf einen Lohn verzichten. Ob sie sich als Zeitung etablieren könnten war ungewiss.
Viomichaniki Metallevtiki - vio.me
Gleiches gilt für vio.me. Auch hier kämpfen die Arbeiter seit 2011 um ihre Arbeitsplätze. Doch auch sie wollen keinen neuen Investor und haben sich für die Struktur der Selbstverwaltung entschieden. Seit 2011 werden alle betrieblichen Entscheidungen durch die Vollversammlung getroffen, alle in der Fabrik verdienen das Gleiche. Parallel zum Kampf um die Legalität ihres Betriebes, bauten sie sich vielfältige Solidaritätsstrukturen auf und entwickelten eigene Produkte. Jetzt stellen sie keine Baustoffe mehr her, sondern biologisch abbaubare Reinigungsmittel. Um die Zeit ohne Löhne überstehen zu können, arbeiteten nur die in der Fabrik, die anderswo keinen Job fanden. Außerdem konnten sie im Zuge der Solidaritätswelle auf Spenden zurück greifen. Trotz ihres legalen Status ist für sie der Kampf nicht beendet. Geht es nach den Arbeitern von vio.me muss es viele vio.mes geben. Dafür reisten sie durch ganz Europa, um von ihrer Situation zu berichten und Gleichgesinnte zu finden. »Wir müssen vom Ego zum Wir kommen«, sagt Dimitris Koutamatsioulis und betont darüber hinaus: »Wir wollen keine Kapitalisten sein, wir wollen ohne Druck und ohne Chefs leben, Vertrauen zu den Menschen haben können und nicht in Konkurrenz zu ihnen stehen.«
Was alle drei Projekte verbindet, ist die Selbstverwaltung. keine Chefs mehr, die um den Lohn betrügen, keine Chefs mehr, die vorschreiben über was berichtet werden darf und was nicht. Keine Chefs mehr, die nur an sich selbst interessiert sind. Der Kampf aller Projekte ist nicht der um ein besseres Gehalt, sondern darum überhaupt finanzielle Mittel zu erwirtschaften. Ihr Kampf ist notwendig geworden durch eine völlig verfehlte Politik, die zum umdenken nicht in der Lage ist. Die Auswirkungen des neoliberalen Europas sind deutlich. Vio.me und die Zeitung der Redakteure hatten eine Grundlage, auf die sie bauen konnten. Ihr eigenes kollektives Handeln hat sie vor einem völligen Absturz in die Armut bewahrt, es ist nun genau diese Erfahrung, die sie weiter geben wollen. Die ehemaligen Beschäftigten von ERT haben diese Grundlage auch, ob sie es schaffen, ihren Sender zurück zu erobern, bleibt vorerst offen. Machi Nicolara von ERT sagt: »Wir werden von unserer eigenen Entschlossenheit überrascht, wir versuchen Zuschüsse zu bekommen, um ERT neu entstehen zu lassen.«
Weitere Informationen: one-struggle.site36.net
Erschienen in "contraste. Die Monatszeitung für Selbstorganisation", Mai 2014.
Συνεταιριστικό Κίνημα, Εργασιακή Διαμάχη, Καταλήψεις Χώρων Εργασίας, Κοινωνικοί Αγώνες, Ulrike Kumpe, Εργατική Αυτοδιαχείριση, Εργατικός Έλεγχος, 21ος αιώνας – Εργατικός Έλεγχος στη Σύγχρονη Εποχή, Ελλάδα, ΕυρώπηTopicΝαιΝαιCurrent DebateΌχι -
German23/06/14Mitarbeiter des insolventen hessischen Solartechnikbetriebs gründen GenossenschaftsinitiativeDas Solartechnikunternehmen Wagner & Co. GmbH musste am 22. April wegen schlechter Auftragslage Insolvenz anmelden. Die Mitarbeiter wollen das nicht einfach so hinnehmen.
Mit der Insolvenz des Solartechnikpioniers Wagner & Co GmbH aus dem hessischen Cölbe gründete sich eine Mitarbeiterinitiative zur Übernahme des Unternehmens. In einer Pressemitteilung kündigten sie an, das Unternehmen mit einem neuen Geschäftsmodell weiter führen zu wollen. Geplant ist die Gründung einer Genossenschaft. Christoph Geiger, einer der Initiatoren dieser Initiative, sagte gegenüber »nd«: »Mit unserer Presseerklärung wollten wir ein Signal geben, dass es eine Zukunft geben kann.«
Bis jetzt haben sich 25 der 150 Mitarbeiter von Wagner Solar zusammengesetzt und erste Planungen für eine Übernahme des Betriebes als Genossenschaft vorbereitet. In dieser Woche sollen alle Mitarbeiter in Cölbe und Kirchhain von der Initiativengruppe informiert werden. Die rechnet mit einer breiten Beteiligung. Das könnte auch daran liegen, dass das Unternehmen seit seiner Gründung im Jahr 1979 ein Betrieb in Belegschaftshand ist. Viele Mitarbeiter bei Wagner Solar sind gleichzeitig Angestellte und Gesellschafter.
Der rückläufige Markt im Solarsektor machte dem Unternehmen, das im Jahr 2005 mit dem Deutschen Solarpreis ausgezeichnet wurde, aktuell schwer zu schaffen. Viele Mitarbeiter mussten aufgrund der schlechten Auftragslage entlassen werden. Für die Situation machen die Mitarbeiter von Wagner Solar und der Interessenverband Europäische Vereinigung für Erneuerbare Energien (Eurosolar) die Energiepolitik der Bundesregierung verantwortlich. Die Novellierung des Erneuerbare Energien Gesetzes, die am 1. August in Kraft treten soll, verunsichere viele Menschen, heißt es.
Das Amtsgericht Marburg bestellte nun Jan Markus Plattner zum Insolvenzverwalter für Wagner & Co. Er fasste seinen Eindruck in einer Erklärung zusammen: »Die Rahmenbedingungen für eine dauerhafte Betriebsfortführung sind äußerst schwierig. Aber mit Blick auf die Produktpalette und die in der Vergangenheit bewiesene Leistungsfähigkeit von Wagner Solar gibt es auch gute Argumente, mit denen wir Geldgeber und potenzielle Investoren überzeugen können.«
Die Mitarbeiter denken, dass sie es schaffen können. Mit ihrer Initiative müssen sie sich neben anderen Investoren behaupten. Sie haben kein Vorkaufsrecht für den Betrieb. Ihnen ist bewusst, dass sie mit der Erstellung eines Businessplans keine Zeit verlieren dürfen. Geiger fasst die Situation zusammen und betont: »Wir stehen noch ganz am Anfang, doch die Zeit drängt.« Im Detail steht das Geschäftsmodell noch nicht fest. Eine große Rolle wird aber die Beschaffung des Eigenkapitals spielen. Mit der Gründung einer Genossenschaft könnten Kunden, Interessierte und Freunde Genossenschaftsanteile erwerben und damit eine neue Grundlage für Wagner Solar schaffen.
Geiger und seine Kollegen denken, dass sie die Unterstützung, die sie benötigen, erhalten werden: »Wir haben schon immer ein enges Verhältnis zu unseren Kunden gehabt. Mit vielen stehen wir auf du und du. Wir bekommen jetzt schon viele Solidaritätsbekundungen«, so Geiger hoffnungsvoll.
Erstveröffentlichung in "neues deutschland. Sozialistische Tageszeitung", 19.05.2014
Συνεταιριστικό Κίνημα, Ulrike Kumpe, Εργατική Αυτοδιαχείριση, 21ος αιώνας – Εργατικός Έλεγχος στη Σύγχρονη Εποχή, Γερμανία, ΕυρώπηTopicΝαιΝαιCurrent DebateΌχι -
German22/06/1420 Millionen Euro für selbstverwaltetes Teebeutelwerk in Südfrankreich. Unilever muss zahlen
Es kommen nicht nur schlechte (politische) Nachrichten aus Frankreich. Dieser Sieg ist nicht zu unterschätzen: Nach 1.336 Tagen im Kampf haben die Arbeiter/innen einer Teebeutelfabrik in Gémenos, in der Nähe von Aubagne im südöstlichen Umland von Marseille, einen bedeutenden Erfolg davon getragen. Der Lebensmittelkonzern Unilever hat sich verpflichtet, ihnen zwanzig Millionen Euro zu zahlen – dafür, dass sie in Eigenregie ihre Produktion weiterbetreiben. Und so kam es dazu.
Im August 2010 verkündete der britisch-niederländische multinationale Konzern Unilever seine Pläne, die Produktion von Teebeuteln – der Marke ,Eléphant’, mit dem berühmten Elefanten auf dem Etikett – und von Lipton-Schwarztees in Südfrankreich dichtzumachen und nach Polen zu verlagern. Das Werk im Umland von Marseille war dort seit 1896 ansässig. Den 182 Lohnabhängigen vor Ort wurde großzügig „angeboten“, ihre Arbeitsplätze zu behalten – aber nur, falls sie einen Umzug nach Polen und dort praktizierte Löhne akzeptierten. Doch bereits Ende der 1990er Jahre waren viele abhängig Beschäftigte des Werks schon einmal umgezogen, weil nämlich damals die Produktion aus dem normannischen Le Havre (wo Unilever eine dort ansässige Fabrik 1998 schloss) in den Raum Marseille verlagert worden war. Dieses Mal wollten die abhängig Beschäftigten die Provokation nicht hinnehmen.
Der Konzern hatte übrigens gleichzeitig – über ein juristisches Konstrukt in Form fiktiver Filialen- und Beteiligungsmodelle – seine Steuerflucht organisiert und seine Umsatzsteuer im schweizerischen Kanton Schaffhausen, statt in Frankreich, erklärt. Dadurch zahlte der Konzern nur fünf Prozent Umsatzsteuer auf seine französische Filiale statt 30 %, und erleichterte dadurch Frankreich jährlich um 67 Millionen Euro.
Doch die Lohnabhängigen besetzten ab September 2011 „ihr“ Werk, nachdem ihnen im August desselben Jahres die Kündigungen („mitsamt“ Angebot für einen Job in Polen zu einem Bruchteil des bisherigen Lohns) zugeflattert waren. Um den Abtransport der Produktionsgeräte nach Polen und/oder Belgien zu verhindern, blieben sie Tag und Nacht bei den Maschinen, organisierten Wachen und schließlich den Vertrieb der noch vorhandenen Produkte. Auf zahlreichen linken Veranstaltungen, ATTAC- Treffen und Gewerkschaftsmeetings in Frankreichs konnte man in den letzten Jahren folglich die Teebeutel mit dem Elefanten drauf erwerben, und für die Fortführung des Kampfs spenden. 1m 31. Januar und 1. Februar 2014 organisierten die kämpfenden Lohnabhängigen vor Ort zudem, in der Produktionshalle von Gémenos, einen internationalen Kongress selbstverwalteter und „reaktivierter“ Betriebe. Dazu kamen etwa Menschen aus Argentinien, aus Italien (etwa von der besetzten Industrieanlage ,Officine Zero’ in Rom), von anderen Orten in Frankreich oder von der mittlerweile berühmten selbstverwalteten Fabrik VIO.ME im griechischen Thessaloniki.
76 Lohnabhängige blieben bis zum Schluss bei der Stange, während einige andere der ursprünglich 182 Beschäftigten sich vorrangig um ihre Familie und einen neuen Job kümmern mussten. Die verbliebenen, für einen Neuanfang unter dem Zeichen des Elefanten kämpfenden Lohnabhängigen haben nun einen wichtigen Sieg errungen. Ermöglicht hat ihn auch eine erste juristische Erfolgswelle vor den Gerichten: Die Gewerkschaften – im Kampf standen besonders die CGT und die CFE-CGC, Gewerkschaft der höheren Angestellten – sowie das ,Comité d’entreprise’ (ungefähre Entsprechung zum deutschen Betriebsrat) hatten drei mal hintereinander die „Sozialpläne“ des Unternehmens gerichtlich annullieren lassen. Im Oktober 2013 hatte ein Gericht dem Unilever-Konzern ein Zwangsgeld in Höhe von 3.000 bis 10.000 Euro pro Versäumnis-Tag auferlegt, falls er nicht mit der Personalvertretung in Verhandlungen über eine vierte Auflage eines „Sozialplans“ trete. Doch die gewerkschaftlicher Vertreter/innen der Lohnabhängigen ließen in ihren Forderungen nicht locker und heizten dem Konzern bei den Verhandlungen ordentlich ein.
Nun musste das Unternehmen endgültig nachgeben – und unterzeichnete am Dienstag dieser Woche ein Abkommen, das es insgesamt rund zwanzig Millionen Euro kosten wird. Jede/r der kämpfenden Lohnabhängigen erhält zunächst 100.000 Euro Abfindung (über das gesetzliche Minimum von einem Zehntel Monatsgehalt pro Jahr Beschäftigungsdauer, bei betriebsbedingter Kündigungen) hinaus. Vor allem aber muss Unilever in das Wieder-Anfahren des Werks, das es juristisch im September 2012 abgewickelt hatte – damals war es formal geschlossen worden – investieren.
Konkret erhalten die Lohnabhängigen 19,26 Millionen Euro für ihr Projekt, in Form einer „Arbeiterkooperative“ (SCOP) die Produktion in Eigenverantwortung und unter eigener Regie wieder aufzunehmen. Davon sind 300.000 Euro dafür bestimmt, die Produktionsgeräte wieder funktionsfähig zu machen. 250.000 Euro gehen in Investitionen in modernere Produktionstechnologien, und 1,52 Millionen in das Eigenkapital der künftigen Kooperative. 200.000 Euro sind für das Anwerben von Führungskräften (wie eines Marketing-Direktors) bestimmt, 50.000 für Marktstudien und das Entwerfen einer eigenen Marke, und 500.000 Euro für die Fortbildung der Arbeiter/innen.
Die Lohnabhängigen haben erklärt, ihre Produktion nach ,Fair trade’-Konzepten wieder aufnehmen zu wollen, und haben dafür Kontakte zu Teeproduzent/inn/en in den hauptsächlichen Anbauländern aufgenommen. Ihnen soll es nicht (nur) darum, ihr eigenes Unternehmen künftig profitabel oder jedenfalls „wirtschaftlich lebensfähig“ zu halten, sondern es zugleich zum Modell für neue Formen sozialer Beziehungen zu machen.
Vgl. dazu aktuelle Links:- http://www.varmatin.com/france/les-fralib-obtiennent-20-millions-deuros-pour-leur-cooperative.1708940.html
- http://www.politis.fr/Les-Fralib-obtiennent-un-accord,27154.html
- http://www.pcfbassin.fr/index.php?option=com_content&view=article&id=17674:gemenos-bouches-du-rhone-fralib–une-victoire-syndicale-de-grande-portee&catid=84:actualites-2014&Itemid=82
- Internationales » Frankreich » Arbeitskämpfe » Dossier: Fralib: Teebeutel – selbstverwaltet
Erstveröffentlichung am 30.5.2014 auf LabourNet Germany, Ruprik "Internationales - Frankreich - Arbeitskämpfe"
Bernard Schmid, Συνεταιριστικό Κίνημα, Fralib, Ανακτημένες Επιχειρήσεις, Εργατική Αυτοδιαχείριση, 21ος αιώνας – Εργατικός Έλεγχος στη Σύγχρονη Εποχή, Γαλλία, ΕυρώπηGeographicalΝαιΝαιCurrent DebateΌχι - http://www.varmatin.com/france/les-fralib-obtiennent-20-millions-deuros-pour-leur-cooperative.1708940.html
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German20/06/14Seit einem Jahr produziert die Autoscheibenfabrik im Osten Venezuelas und beliefert mehr als 60 Werkstätten im gesamten Land.
Die vor drei Jahren verstaatlichte und unter Arbeiterkontrolle geführte Fabrik Vivex in Barcelona - nicht in Katalonien, sondern im Osten Venezuelas - ist mittlerweile unabhängig von staatlichen Zuwendungen. So berichtet Jean Carlos Sabino, einer der Vorsitzenden der neu gewählten junta directiva und einer der Köpfe der Besetzung vor sechs Jahren, dass die Primärmaterialien mittlerweile mit eigenen Mitteln aus Mexiko importiert werden und das seit dem ersten Kredit über 46 Millionen Bolivares Fuertes (rund 5,4 Millionen Euro) vor drei Jahren keine weiteren staatlichen Geldzuwendungen notwendig waren. „Wir zeigen, dass die sozialistischen Fabriken funktionieren können und vor Allem in der aktuellen Situation des Landes ist es wichtig zu zeigen, dass wir produktiv sind!" unterstreicht Luís Hernandez.
Die 143 angestellten ArbeiterInnen produzieren im Durchschnitt 200 Windschutzscheiben und bis zu 700 Fenster täglich und haben Abnehmer im gesamten Land. Bisher produzieren sie jedoch nur für Werkstätten, man sei aber dabei Verträge mit verschieden Autofabriken abzuschließen. Unter anderem sollen in Zukunft das venezolanisch-chinesische Unternehmen Chery und Venirauto (Venezuela/Iran) sowie einige private Produzenten beliefert werden. "Wir stellen Autoscheiben von höchster Qualität her und sind im Prozess alle nationalen und die internationale ISO-9000 Norm bescheinigt zu bekommen. Der Name Vivex stand einmal für beste Qualität und das möchten wir wieder erreichen.", sagt Paulo Cumana ein Sprecher des Arbeiterrates.
Die ArbeiterInnen der Fabrik sind zum Großteil aus der ehemaligen Belegschaft und sehen große Verbesserungen in den Arbeitsbedingungen sowie der Entlohnung. "Man kann sagen, dass eigentlich alles 100% besser ist!", freut sich Elías Gonzalez der im Auslieferungsbereich arbeitet und fügt hinzu: „Es würde mich freuen, wenn all die Leute die zur Fabrik kamen während sie still stand heute sehen würden was daraus geworden ist.“. Der Lohn liegt zwischen 4600BsF (rund 540 €) und 8500BsF (1000 €) hinzu kommen verschiedene Bonuszahlungen wie z.B. ein monatlicher Transportbonus (1200BsF monatlich), Lebensmittelmarken (1900 BsF monatlich) bezahlter Urlaub, Kinderbonus und weitere. Die Fabrik hat einen eigenen Krankenwagen und eine Krankenstation.
"Das Arbeitsklima ist auch viel besser als früher denn jetzt haben wir keine Peitsche mehr im Rücken und haben viel mehr Freiheiten. Das bedeutet natürlich auch mehr Verantwortung aber hier nutzt niemand seine Freiheit aus. Ganz im Gegenteil alle sind sehr diszipliniert.", berichtet Eumeli Blanco. „Ronald hat heute zum Beispiel schon am Vormittag keine Arbeit mehr, da gestern ein Ofen ausgefallen ist, hilft dafür aber beim Zuschnitt der Scheiben.“
"Wir produzieren zur Zeit bei etwa 50%, denn jede Menge Maschinen sind sehr alt und kaputt. Der ehemalige Besitzer hat in 47 Jahren Produktion fast gar nichts investiert, um die Maschinen zu erneuern. Wir hoffen aber nach und nach alles zu reparieren und modernere Maschinen kaufen zu können.", erklärt Sabino. So hat z.B. vor drei Monaten ein Team finnländischer Techniker einen Ofen repariert, der seit Jahren kaputt war und noch vom ehemaligen Besitzer von der finnischen Firma gekauft worden ist. Am dringlichsten sei es jetzt, mindestens einen weiteren Gabelstapler zu erwerben und einen Zulieferer für Holzkisten zu finden in denen die Scheiben transportiert werden können. "Natürlich haben wir Probleme und wir sind nicht perfekt aber wir sind stolz auf das, was wir erreicht haben.".
„Ich denke unser Erfolg im Vergleich zu anderen verstaatlichten Fabriken beruht darauf, dass wir wirklich unter control obrero (Arbeiterkontrolle) produzieren. Wenn uns z.B. ein Mitglied der junta directiva nicht passt, dann wählen wir ihn ab!“ meint Gonzalez. So hatte der Arbeiterrat sich nach einiger Zeit gegen den ersten vom Ministerium benannten Fabrikverwalter ausgesprochen und wenig später ist er ersetzt worden. „Wir können als Beispiel dienen für die vielen anderen Arbeiter des Landes, die sich in ähnlichen Kämpfen befinden.“
Vivex steht in engem Kontakt zu den umliegenden consejos comunales (Gemeinderäte) und Kommunen. In mehreren freiwilligen Arbeitseinsätzen hat die Belegschaft z.B. Schulen repariert oder Gemeindehäuser mit Fensterscheiben unterstützt. Der Verantwortliche für den Kontakt mit den Kommunen nimmt an den wöchentlichen Versammlungen teil und es ist geplant in dem Gebäude einer alten Schule mit Unterstützung der Mision Saber y Trabajo (Ausbildungsmission) eine Autowerkstatt aufzubauen, die von der Kommune betrieben und von Vivex beliefert werden soll. Eines der Ziele ist es, die Scheiben direkt an den Verbraucher zu liefern, ohne unnötige Zwischenhändler die den Preis hochtreiben. Das Projekt mit der Kommune ist ein erster Schritt dahin.
Die Belegschaft von Vivex hatte am im November 2008 die Fabrik besetzt, nachdem der Besitzer angekündigt hatte keine weiteren Löhne zu zahlen. Nach dreijähriger Besetzung, mehreren gewalttätigen Auseinandersetzungen mit korrupten Sicherheitskräften und der Verteidigung der Fabrik gegen Versuche des Besitzers die Maschinen abzutransportieren, ist Vivex am 31. Mai 2011 verstaatlicht worden. Während der Besetzung wurden am 29. Januar 2009 zwei Arbeiter von bestochenen Polizisten während einer Demonstration vor der Fabrik erschossen.
Zuerst erschienen auf www.interbrigadas.org
Jonas Holldack, Εθνικοποίηση / Απαλλοτρίωση, Καταλήψεις Χώρων Εργασίας, Εργατική Αυτοδιαχείριση, Εργατικός Έλεγχος, 21ος αιώνας – Εργατικός Έλεγχος στη Σύγχρονη Εποχή, ΒενεζουέλαTopicΝαιΝαιNoΌχι -
Italian20/06/14
In occasione delle giornate di solidarietà internazionale con il Bauen Hotel recuperato di Buenos Aires mandiamo la nostra fraterna solidarietà da Roma e da Milano per sostenere e difendere l’importante esperienza di autogestione. Il Bauen è una delle più emblematiche imprese recuperate dell’Argentina: l’occupazione e il recupero di 150 posti di lavoro e di dignità per centinaia di persone, il teatro popolare come luogo di sperimentazione culturale ed una significativa storia di lotta, mobilitazione, mutualismo e autogestione ne hanno fatto un simbolo stesso delle imprese recuperate a livello globale. Un hotel a cinque stelle nel pieno centro della capitale argentina, che dopo il fallimento e l’abbandono da parte dei padroni complici del regime militare, è stato trasformato in una esperienza alternativa ed innovativa di lavoro cooperativo, autogestito e senza padroni. Il Bauen ha celebrato lo scorso 21 marzo 11 anni di autogestione e proprio quel giorno i lavoratori e le lavoratrici della cooperativa hanno ricevuto un nuovo ordine di sgombero da parte della giudice Paula Hualde.
Dopo anni di vertenze e mobilitazioni, nessun altro ricorso è ormai più possibile dal punto di vista giudiziario, per cui solo la resistenza dei lavoratori e la solidarietà possono tentare di riaprire il negoziato, chiedendo che lo Stato rinunci al credito vantato, dato che fu proprio la dittatura militare a concederlo per la sua costruzione, e assegni l’Hotel definitivamente alla cooperativa che lo autogestisce da ben 11 anni. Esprimiamo piena solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici dell’Hotel Bauen in lotta e chiediamo al giudice di ritirare immediatamente l’ordine di sgombero per consentire al negoziato con le istituzioni argentine di procedere in direzione dell’assegnazione dell’hotel a coloro che l’hanno fatto vivere in tutti questi anni in autogestione e senza padroni, sperimentando un modello nuovo di lavoro che anche in Europa comincia oggi a rappresentare una alternativa possibile nel pieno della crisi economica e dell’attacco ai diritti dei lavoratori. L’attacco nei confronti dell’Hotel Bauen è un attacco contro tutte quelle realtà che in tutto il mondo, dall’Argentina all’ Europa, stanno costruendo sperimentazioni pratiche per un’alternativa economica e sociale alle ingiustizie e allo sfruttamento del modello neoliberista e capitalista. Per questo ci impegniamo a difenderlo e sostenerlo!
Officine Zero – fabbrica occupata di Roma
Ri-Maflow – fabbrica occupata di Trezzano sul Naviglio (MI)Pubblicato su http://www.communianet.org il Thu, 17/04/2014 - 11:16.
Bauen, Συνεταιριστικό Κίνημα, Officine Zero, RiMaflow, Κοινωνικοί Αγώνες, Εργατικός Έλεγχος, 21ος αιώνας – Εργατικός Έλεγχος στη Σύγχρονη Εποχή, Ιταλία, ΕυρώπηTopicΌχιΝαιCurrent DebateΌχι -
German18/06/14Mondragón im spanischen Baskenland
In Diskussionen um anderes, alternatives, solidarisches Wirtschaften geht es meist um kleine Projekte, die mit hohen Ansprüchen in Nischen mühsam über die Runden kommen. Ob es auch ein paar Nummern größer geht, wollte ich bei einem einwöchigen Besuch im spanischen Baskenland im Januar 2013 herausfinden.
Mondragón ist der weltweit größte Genossenschaftsverbund mit 256 Unternehmen und über 83.000 Beschäftigten. Auf ihrer mehrsprachigen Website schreiben die GenossInnen selbstbewusst:
»MONDRAGON ist das Ergebnis der Kooperativenbewegung, die 1956 mit der Gründung der ersten Industriekooperative in dieser Stadt der Provinz in Gipuzkoa ihren Lauf nahm und die Philosophie der Firma gründet sich auf ihre korporativen Werte: Die Kooperation. Die Partizipation. Die soziale Verantwortung. Die Innovation.«
Das sind fast 60 Jahre genossenschaftliche Erfahrungen – aber welche Bedeutung haben diese Werte in der Praxis, und wie werden sie gelebt? Mondragón als mittlerweile internationaler Konzern scheint der Krise bisher erfolgreich zu trotzen - aber wie können genossenschaftliche Werte und wirtschaftlicher Erfolg zusammen gehen und welche Abstriche an den Idealen fordert dieser Erfolg?
Den ganzen Artikel hier als Pdf weiterlesen:
Erstveröffentlichung in CONTRASTE. Die Monatszeitung für Selbstorganisation, Mai/Juni 2013.
Elisabeth Voß arbeitet als Betriebswirtin und Publizistin in Berlin zu den Themen solidarische Ökonomien, genossenschaftliche Unternehmungen, Hausprojekte und Selbstorganisation in Wirtschaft und Gesellschaft. Sie ist seit 20 Jahren Redaktionsmitglied und Autorin der CONTRASTE. Kontakt: www.elisabeth-voss.de.
1960-2000 – Εργατικός 'Ελεγχος ενάντια στην Καπιταλιστική Αναδιάρθρωση, Συνεταιριστικό Κίνημα, Elisabeth Voss, Αλληλέγγυα Οικονομία, Εργατική Αυτοδιαχείριση, 21ος αιώνας – Εργατικός Έλεγχος στη Σύγχρονη Εποχή, Ισπανία, ΕυρώπηTopicΝαιΝαιCurrent DebateΌχι -
Italian11/06/14
Il sito vuole essere una biblioteca virtuale aperta per la raccolta e l’accesso a documentazione e saggi teorici sulle esperienze passate e presenti di controllo operaio. Il fatto che i lavoratori in tempi e luoghi differenti abbiano spesso preso spontaneamente il controllo dei loro luoghi di lavoro e abbiano continuato la produzione, ha una rilevanza politica e teorica che trascende il posto di lavoro e l’organizzazione della produzione, configurando una strada alternativa di governo della società. Assumendo il controllo autonomo del loro lavoro e rifiutando la necessità della proprietà privata, i lavoratori, anche se temporaneamente, ribaltano l’intera struttura delle relazioni capitaliste di produzione, dando spazio alla reinvenzione della produzione sotto il loro controllo.
È questa caratteristica intrinsecamente emancipatoria a rendere la conoscenza e la diffusione della documentazione relativa alle esperienze di controllo operaio particolarmente importante sia dal punto di vista politico che teorico. Nel promuovere la raccolta e l’accesso a questa documentazione intendiamo questo sito come stimolo a porre il controllo operaio al centro dell’azione politica e sindacale, in una società dominata dall’idea che nessuna alternativa sia possibile, in una prospettiva contro-egemonica.
Il sito dipende dall’attiva collaborazione dei suoi fruitori. Se hai testi su questo soggetto che possono essere pubblicati, ti preghiamo di inviarceli. Nella nostra redazione ci sono vari responsabili in base alle aree e alle lingue.Manda i testi attraverso il modulo di contatto in base alla lingua!
Finanziato da:
Stiftung Menschenwürde und Arbeitswelt (Berlin)
http://www.labournet.de/stiftungMundAAktion Selbstbesteuerung e.V. (D)
http://www.aktion-selbstbesteuerung.deSolifonds der Hans-Böckler-Stiftung (D)
http://www.boeckler.de/98.htmRosa-Luxemburg-Stiftung (D)
http://www.rosalux.deProfessional Staff Congress and Research Foundation of the City University of New York (USA)
http://www.rfcuny.org/rfwebsite/research/content.aspx?catID=1190ΝαιΝαιNoΌχι -
Italian11/06/14
Collettivo dei fondatori
- Dario Azzellini, Johannes-Kepler-Universität, Linz, A., www.azzellini.net (Venezuela)
- Ralf Hoffrogge, Universität Potsdam, D., (Deutschland/Österreich, frühes 20. Jh.)
- Alan Tuckman, Nottingham Trent University, UK
Collaboratori
- Sezione inglese: Alan Tuckman, Dario Azzellini, Paul Bernstein
- Sezione francese: Association Autogestion www.autogestion.asso.fr
- Sezione tedesca: Christiane Mende, Dario Azzellini, Ralf Hoffrogge
- Sezione portoghese: José Brendan Macdonald, Prof. Henrique Tahan Novaes, Flávio Chedid Henriques, Sandra Rufino, Amanda Azevedo, Leandro Capela, Fernanda Araújo, Vicente Nepomuceno
- Sezione spagnola: Dario Azzellini, Jose Luis Carretero, Mario Hernández
- Sezione italiana:
Redazione: Gigi Malabarba, Marina Bonecchi, Gianpaolo Contestabile
Collaboratori: Salvatore Cannavò, Alioscia Castronovo, Giudo Cavalca, Elvira Corona, Aldo Marchetti, Marco Semenzin
La nostra missione >>>
CMS Administrator: Theodoros Karyotis
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